Vacanza in Scozia per Alessandro e Daniele! Con i protagonisti de "L'Agenzia - Milano", un breve racconto erotico commissionatoci dal nostro Ko-Fi. Freddo.
Era stata la prima cosa che Alessandro Russo aveva pensato nel momento in cui lui e Daniele avevano messo piede giù dall’aereo, appena atterrato all'aeroporto di Edimburgo. Pur essendo estate, e nonostante le belle giornate e il sole che li avevano accolti, la Scozia non aveva un clima esattamente caloroso. Daniele lo aveva preso in giro, definendolo un “caliente uomo italiano”, e Alessandro aveva brontolato per metà del viaggio verso l’albergo, ribadendo la propria algida milanesità e usando termini che avevano fatto roteare gli occhi a Daniele. “Non puoi usare la parola con la T,” lo aveva interrotto il suo giovane e delizioso marito, infilandosi una delle cuffiette in un orecchio e donandogli la seconda, per ascoltare un po’ di rock insieme. Nonostante le rimostranze di Alessandro sull’uscire dall’italico suolo — non era mica poliglotta come quel mona del Vianello — la loro meritata vacanza da blatte, invasioni aliene e squarci sulla realtà iniziò bene. Quella mattina avevano diligentemente preso il bus che li avrebbe portati in una delle località più famose della Scozia, almeno a sentir dire Daniele. Il villaggio di Gretna Green era immerso nel verde e in un’atmosfera d’altri tempi davvero incredibile. “Dobbiamo andare…” Daniele spalancò la cartina che si era preparato. “Di là.” Quella vista strappò un sorriso ad Alessandro. Il suo adorato era un vero nazista in questioni di organizzazioni vacanze: visto il flop del loro viaggio di nozze, da quella volta preparava un itinerario meticoloso da seguire e frustava fortissimo Alessandro se questi non si atteneva al programma. Inoltre, se si trovavano davanti qualche strano evento che avrebbe di certo giovato della presenza di due esperti Agenti, semplicemente si girava dall’altra parte e ignorava il problema, trascinandosi via Alessandro per il polso. In questo caso poi erano pure all’estero e — Alessandro lo sapeva — Daniele aveva tutte le intenzioni di ricordargli che fuori dall’Italia non avevano alcuna giurisdizione. Il negozio del fabbro di Gretna Green si parò davanti a loro dopo qualche passo, un edificio di pietre bianche e dal tetto in ardesia con un cartello che indicava… qualcosa scritto in inglese che Alessandro non sapeva tradurre. “Sii la mia guida turistica e spiegami perché siamo qui,” gli chiese Ale, e Daniele arrossì come un ragazzino. “Questo posto è molto famoso per gli innamorati,” iniziò Dani, indicando proprio l’edificio davanti a loro. “In passato, quelli che volevano sposarsi in fretta e furia, magari contravvenendo alle leggi inglesi e ai voleri dei propri parenti, scappavano qui approfittando delle leggi indulgenti della Scozia in merito ai matrimoni.” Alessandro inclinò la testa di lato. “L’equivalente delle fuitine?” L’altro annuì, con gli occhi azzurri brillanti per l’eccitazione. “Esatto.” “Ma perché un fabbro?” Daniele gli sorrise e ad Ale quasi mancò un battito. Maledetto, gli faceva sempre lo stesso effetto. “Perché era il fabbro a officiare le nozze. Che ne dici, ti va di risposarmi?” Alessandro gli sorride caloroso. “Dolcezza, io ti sposerei anche ogni giorno, lo sai bene. Quindi, per il rinnovo dei nostri voti vuoi farti risposare da un fabbro in Scozia?” Daniele premette le labbra insieme e cercò di non incontrare il suo sguardo, ma quando poi tornò a guardarlo divenne intensamente rosso. Era adorabile. “Ah, quando mi fai quegli occhioni vuol dire che ci tieni proprio tanto. Certo, facciamolo. Lo sai che non ho bisogno di scappare in Scozia per risposarti, vero?” Daniele gli fece una linguaccia. “Ma ci siamo già. Ed è bello. E suggestivo. Siamo tanto fortunati, lo sai?” Alessandro lo prese per mano, intrecciando le dita a quelle del marito. Oh, lo sapeva eccome. Da quando lo aveva incontrato la sua vita era cambiata in più di un modo, e tutti straordinari. Era la sua gioia, la sua metà migliore, e le quisquilie di tutti i giorni non riuscivano ad adombrare in nessun modo ciò che provava per lui. Anche se Daniele brontolava sempre sui calzini appallottolati in fondo al letto e sul modo in cui Alessandro metteva i piatti nella lavastoviglie. Il feto, che prima di andare a vivere con lui abitava col papà. “Oh lo so,” rispose, baciandogli il dorso di una mano. “Devo ringraziare soltanto un paio di apocalissi per averti messo sulla mia strada.” Daniele ridacchiò. “E il Direttore Marte. Ma intendevo… pensa a queste persone che scappavano qui per sposarsi. Magari per sfuggire a unioni che non volevano.” “Magari avevano già la pagnotta in forno e non volevano svergognarsi,” ribatté Alessandro, meritabondo. Daniele gli diede una spallata dispettosa. “Non sei per niente romantico. Fammi finire. Queste persone scappavano per sposarsi. Sì, ok, magari a volte era per una questione di onore. Però altre volte no. Era amore, o desiderio o quello che vuoi tu. Non è molto diverso da come eravamo messi da noi fino a pochi anni fa. Era questo che volevo dire. Siamo fortunati a vivere adesso, perché anche se c’è tanta merda io posso sposarti, e nemmeno il papa ha nulla da dire in contrario.” Alessandro sorrise, intenerito. “Anzi, anzi.” “Quindi,” riprese Daniele, con un sospetto luccichio negli occhi. “Vuoi sposarmi, mio piratissimo?” Una sonora risata gli nacque in gola, ma Ale fu lesto a sopprimerla in favore di un lento sorriso. Baciò la punta del naso al marito. “Ovvio che sì.” Daniele sospirò tutto felice, fiondandoglisi tra le braccia. “Ti amo.” “Lo so.” “Ok, Han Solo, vediamo di fare questa cosa, allora.” La cerimonia, a dirla tutta, non era niente di che. I due intrecciarono le mani sopra Anvil, l’incudine nel negozio del fabbro, e proprio quest’ultimo celebrò la loro unione in un uno scozzese strascicato a cui Alessandro riuscì a rispondere solo perché Daniele ebbe il buon cuore di farlo prima di lui, in modo da permettergli di imitarlo. Quindici minuti e vennero indirizzati verso l’uscita, anche perché, a quanto pareva, di quei matrimoni ne celebravano una ventina al giorno. Non era stato niente di che, ma il modo in cui Daniele lo aveva guardato, il modo in cui le loro dita si erano unite sopra l’incudine, avevano colpito un po’ troppo in prima base per il pirata dell’Agenzia. Il pensiero di quando lo aveva perso la prima volta ancora lo feriva, quel ragazzo era l’aria che lo faceva respirare e il cuore che lo teneva vivo. Quando furono di nuovo sul bus per tornare in città, Alessandro gli passò un braccio sulle spalle e lo attirò a sé. Gli baciò una guancia, guadagnandosi una risatina, poi cercò di ritornare il solito guascone. “Ma, senti un po’…” “Dimmi.” Daniele gli rivolse quei suoi occhioni azzurri che lo fecero un po’ tremare. “Ma visto che ci siamo appena sposati… parliamo della notte di nozze?” Daniele quasi sputò il sorso d’acqua che aveva appena bevuto e chiuse a fatica la bottiglietta. “Sapevo che sarebbe arrivata.” *** A Edimburgo scesero dall’autobus del tour guidato e si avviarono dal parcheggio verso il centro, iniziando a farsi un’idea di dove volevano cenare. La mattina successiva sarebbero ripartiti di nuovo con i bagagli per pernottare in uno dei famosi castelli scozzesi nelle Highlands inglesi. “Tu farai la principessa da salvare e io il rude guerriero che butta giù a calci la porta della tua torre, pronto a deflorarti?” disse Ale, mentre passeggiavano di fianco alle vetrine illuminate. Daniele aggrottò le sopracciglia. “Perché devo essere io la principessa?” “Perché ta par Biancaneve,” rispose con un sorrisetto. Suo marito si bloccò in mezzo al marciapiede e lo guardò male, prima di estrarre il portafoglio dalla tasca posteriore dei jeans e prendere una moneta da un euro. Gliela mise davanti al naso. “Testa o croce. Se vinci tu stai sopra, se vinco io stai sotto.” “Sei serio?” Ale ghignò, divertito. “Adori prendere cazzi, ti stuferesti dopo dieci minuti come tutte le altre volte.” Era vero: Daniele era… come si chiamava... una pillow queen. E ad Ale fare da ricevente non faceva particolarmente impazzire, a essere onesti. “Ho un’altra idea, allora. Vieni.” Dani gli afferrò un polso e lo trascinò verso l’unico negozio che non stava chiudendo per la serata. L’insegna al neon del sex shop brillava nella penombra serale di Edimburgo. Non ebbe il tempo di lamentarsi: entrarono, salutarono il commesso — un brufoloso ragazzetto dai capelli rossicci che aveva tutta l’aria di voler essere ovunque tranne che lì — e venne trascinato alla cieca tra gli scaffali. Alessandro arrossì per il solo fatto di essere in un posto come quello. Anche se si definiva un millennial d’avanguardia, su certe cose era abbastanza all’antica e non particolarmente fantasioso. Prima di Daniele, che invece adorava esplorare cose nuove in camera da letto, Ale tendeva, almeno all’inizio, a percepire quelle novità come un attacco alla propria virilità. Pensieri stupidi, come aveva imparato nel suo tempo insieme a Daniele, ma l’abitudine era dura a morire. “Ecco cosa cercavo.” Il suono della voce del marito lo fece voltare e sussultare, perché appeso lì davanti c’era… dell’intimo femminile. Ma per uomo. “…in che senso?” Daniele tirò di nuovo fuori l’euro e glielo ficcò sotto al naso. “Testa o croce. Se vinci tu la indosso io, ma se perdi…” Un brivido gli passò per la schiena al pensiero di scopare conciato in quel modo. L’imbarazzo rischiava di mangiarselo vivo, ma Daniele era così determinato e alla fine… erano abbastanza lontani da casa. Nessuno lo avrebbe scoperto, se avesse perso. “Guarda che è solo un po’ di pizzo e di seta. Non ti mangia,” disse Daniele, con un sorrisetto. Alessandro si era lamentato del freddo, era vero. Ma improvvisamente gli era venuto da sudare come un maiale in mezzo al deserto. In parte era sorpreso della richiesta e in parte era sorpreso della propria reazione. Davvero la sua mascolinità era così fragile da non poter sopportare un paio di graziose mutandine? Daniele prese un delizioso paio di culotte color azzurro pallido e le srotolò con aria saputa, soppesandone il taglio e i materiali. A lui sarebbero state da Dio, Alessandro ne era sicuro. Daniele era più sottile di lui, con un fisico delicato e liscio, senza cicatrici antiestetiche e altre imperfezioni. Il solo pensiero era sufficiente a dargli una gradevole scarica di eccitazione lungo la schiena e contro la zip dei calzoni, improvvisamente un po’ troppo stretta. E se invece pensava allo scenario inverso… Daniele era sempre più che disposto a ricordargli quanto lo trovasse attraente, sexy e perfetto, nonostante tutti i suoi difetti. Alessandro aveva una grande fiducia nelle proprie doti seduttive e l’aveva dimostrato seducendo Daniele in ben poco tempo dopo il loro primo incontro. Tuttavia, sapeva perfettamente di non essere più giovane o integro. A parte l’occhio mancante, che era un capitolo di infamia di cui non desiderava discutere, aveva altre grosse cicatrici sul torace e su una spalla e una pancetta testarda e seccante che non voleva saperne di andar via. “Se non proprio ti mette a disagio non fa niente,” aggiunse Daniele dopo un po’, mettendo via le mutandine quasi con rimpianto. “Beh, non abbiamo ancora tirato la moneta,” bofonchiò Alessandro. “Magari le devi mettere tu.” Daniele ridacchiò, esasperato. “Fai tanto il moderno, poi ti afferri la collana di perle per così poco. Se l’avessi saputo avrei preso una moneta truccata. Tieni. Tirala e vediamo cosa succede.” Alessandro prese la moneta da un euro e innalzò una fervida preghiera. Quella vacanza doveva essere perfetta, non il momento per avere una crisi di identità o, molto peggio, un litigio coniugale. Voleva soltanto andare in giro e vedere posti carini, mangiare cose che gli avrebbero dato il reflusso e fare l’amore con suo marito tutte le volte che ne aveva voglia. Ed era molto spesso. Due secondi dopo, il lancio della moneta era terminato e Alessandro aveva perso. Ovviamente. Daniele si avventò sullo stand e iniziò a selezionare ogni tipo di lingerie nella sua taglia, dalle mutandine bianche più caste e virginali a terrificanti tanga pieni di lustrini. Alessandro non ci provò neanche a fargli cambiare idea, ormai era del tutto fregato. Era sopravvissuto a un paio di apocalissi, in qualche modo ce l’avrebbe fatta anche ad affrontare pizzi e merletti. Forse. Dopo gli acquisti andarono a cena in un posto dove proiettavano una partita di rugby e servivano settecento tipi diversi di ottima birra, e finalmente il Piratissimo riuscì a rilassarsi un po’. Non provava tutta quell’agitazione dalla volta in cui quel cretino di Flavio Rossi, il suo ex prima di Daniele, l’aveva lasciato perché ‘Alessà, non me regge proprio a vederti così’ subito dopo l’incidente della cassetta postale mannara che gli aveva mangiato un occhio. La serata passò tranquilla, serena. A un occhio esterno poteva sembrare che andasse tutto benissimo tra di loro, ma la realtà era un’altra. C’era un grosso elefante in mezzo alla stanza ed era contenuto in una piccola borsa di carta appesa alla sedia su cui era seduto Daniele, tutto intento a mangiarsi il suo fish and chips senza un solo pensiero al mondo. Quando tornarono in albergo, Daniele soppesò il sacchetto con aria critica e lo guardò dritto in faccia. “Vuoi farlo stasera o domani?” “In che senso?” “Lo vedo che sei agitato. Posso aspettare domani, quando alloggeremo nel castello.” Alessandro deglutì nervosamente, indeciso. L’istinto gli diceva di prendere tempo, con un po’ di fortuna il tour dei castelli del giorno dopo avrebbe stancato abbastanza il marito da fargliene dimenticare. Oppure poteva semplicemente opporsi, sopportare un po’ di muso del consorte e andarsene con la dignità intatta. Daniele sbuffò e tirò fuori la lingerie dal sacchetto. “Ti sento pensare, Capitan Harlock. Non stare a farti problemi, me la metto io.” E senza aggiungere altro, iniziò a spogliarsi, un capo di abbigliamento dopo l’altro finché non rimase completamente nudo davanti a lui. Tirò fuori gli slip di pizzo e borbottò: “Mi andranno enormi.” “Aspetta,” disse d’istinto, chiudendo una mano sulle mutandine in cui Daniele era già pronto a infilarsi senza problemi. Deglutì, nervoso. L’altro non aveva alcun problema a farlo per lui. Sapeva che non era nemmeno scazzato o spazientito, voleva davvero toglierlo dall’imbarazzo, ma non era giusto nei confronti di entrambi. “Lo faccio. Fammi svestire.” “Oh.” Ignorò la faccia stupita di Daniele e si tolse tutti gli abiti, finalmente nudo a sua volta. Infine prese l’intimo e decise di chiudersi nel bagno della loro stanza, per patire in solitudine quella sciarada. Si infilò prima le mutandine, nere, stranamente comode nonostante lo terrorizzassero. Poi c’era una specie di reggiseno morbido dello stesso colore, ma quando lo indossò scoprì che si adattava abbastanza bene ai suoi pettorali, che non somigliavano certo ai seni di una donna. Infine c’erano le calze, un paio di autoreggenti nere, che riuscì a infilare saltellando su un piede e senza mai incrociare lo sguardo con se stesso nello specchio. Non si era neanche guardato e già si sentiva ridicolo oltre ogni possibilità. Se non fosse stato per il fatto che amava Daniele disperatamente, si sarebbe già tolto quella roba e sarebbe andato a piegare suo marito a 90 sulla scrivania della stanza d'albergo. Eppure non era mai stato insicuro sulla propria mascolinità. Perché si sentiva così agitato? Minacciato, persino. Come se quei pezzetti di stoffa potessero renderlo meno virile quando di fatto non facevano altro che sottolineare come il suo corpo fosse quello di un uomo, per contrasto. Tirò un respiro e squadrò le spalle per poi tornare in camera da letto. Cercò di drappeggiarsi tutto sexy sullo stipite della porta. “Che ti pare?” Si aspettava di essere preso per il culo e non in modo divertente. O che Daniele scoppiasse a ridere come un matto, soddisfatto per l’esperimento ma non molto contento del risultato. Invece suo marito si tirò su per appoggiarsi a un gomito e spalancò quegli occhi azzurrissimi, passandosi la punta della lingua sulle labbra rosa. Un rossore profondo gli aveva colorato le guance e i suoi occhi si erano fatti lucidi e languidi. Si tirò a sedere più dritto e Alessandro notò che aveva un’erezione da manuale, bella piena e tesa e un po’ bagnata in punta. Era bellissimo. “Ti sei guardato, Ale? S-sei… Oh, Dio, sei così pirata.” Alessandro non riuscì a trattenere una risata sorpresa. “Pirata? Vestito così? Sarebbe un complimento?” Daniele si ributtò steso sul letto, una mano già tesa per accarezzarsi il ventre e le cosce e stringersi intorno al suo cazzo. “Lo è, stupido! Sei forte e bello e sexy e vestito così sei ancora più piratissimo. Tutta la tua forza sotto un po’ di lingerie impalpabile. Ho voglia di… vieni qua, Ale, devo divorarti.” Beh, chi era lui per opporsi. Si avvicinò al letto sempre senza avere il coraggio di guardarsi in qualsiasi superficie riflettente. Daniele riuscì a mettersi seduto sul bordo del letto e aprì le gambe per fargli spazio, poi gli strinse le dita sui fianchi e prese a baciarlo e leccarlo da sopra il tessuto delle mutandine. Alessandro non era stato interessato alla cosa fino a quel momento, anche se la vista del marito in quelle condizioni lo eccitava sempre. Ma al primo contatto della bocca morbida e calda di Daniele si indurì subito, riempiendo fin troppo il sottile indumento che ora faceva da impalpabile costrizione al suo vigore. “Non capisco perché ti piace così tanto,” borbottò, tra un gemito e l’altro. Daniele gli aveva abbassato gli slip e aveva iniziato a succhiare con foga. Si separò dalla punta del suo uccello con un pop! bagnato e si leccò le labbra rosse. “Te l’ho già spiegato, stammi sul pezzo.” Sì, glielo aveva già spiegato e Ale non capiva. “Non c’è niente di sexy in me conciato così.” Non riusciva a vedere altro che il proprio corpo imperfetto incartato in una confezione troppo carina per lui. Non era scomodo o altro, non era nemmeno più una questione di virilità a quel punto. Daniele gli strinse il cazzo con una mano e lo fissò in volto. “Togliti la benda.” Oh no, cazzo, non di nuovo. “Dani, non…” “Toglila. Adesso. O non ti faccio venire.” Con un gemito, Alessandro obbedì e si sfilò la benda che normalmente gli copriva l’occhio offeso, nascondendo la ragnatela di cicatrici lì sotto. Era orrendo, ma a quanto pareva a Daniele importava poco. “Ok.” Il marito annuì, già con il lubrificante in mano. Se ne premette un po’ sulle dita e iniziò a prepararsi in fretta e furia sotto il suo sguardo rapace. Quando fu pronto, versò ancora un po’ di liquido sull’erezione di Alessandro e infine si posizionò sopra di lui. “Adesso mi stai a sentire, ok?” Dani gli piazzò entrambe le mani sul petto, proprio sopra la bralette, e Ale gli strinse d’istinto i fianchi mentre l’altro si calava sul suo uccello senza un solo pensiero al mondo. “Sono qui in Scozia con te. Ti ho fatto rinnovare i voti di matrimonio. Ti sto scopando. E ti amo, Ale. Non perché sei piratissimo, ma perché sei tu.” Alessandro deglutì, con il cervello già in pappa perché il calore del corpo del compagno lo stava lentamente uccidendo. “Lo so.” “Ti amerei in qualsiasi condizione. Qualunque abito tu indossi. Con o senza benda.” Daniele passò la punta delle dita sulle cicatrici che gli attraversavano la spalla sinistra e il pettorale. “Non è il tuo fisico ad attrarmi, né la lunghezza del tuo cazzo, anche se sono ottimi bonus. Amo te, Alessandro Russo. E la lingerie da donna ti sta dannatamente bene.” “Ma… non capisco…” ringhiò Alessandro. Il calore di Daniele era incredibile e il suo corpo era forte e nervoso oltre che bellissimo. Il rossore si era sparso sulla sua gola e sul suo petto e il modo in cui teneva la bocca un po’ aperta mentre si muoveva su di lui era meglio di qualsiasi parola. Ma Alessandro non riusciva a rassegnarsi. Non capiva e forse non avrebbe mai capito, proprio come quando Daniele insisteva per vedere i danni provocati da quella dannata cassetta postale e toccare una a una le sue cicatrici. Le vedeva soltanto brutte, persino disgustose. Così come trovava abbastanza ridicolo il proprio corpo di quasi quarantenne con tutte le sue magagne e imperfezioni addobbato come una sposa alla prima notte di nozze. Daniele sospirò e si lasciò sfuggire un piccolo lamento mentre si sistemava su di lui e iniziava a muoversi, dondolando le anche. In sé era un regalo, perché Daniele era di una pigrizia imbarazzante a letto, e adorava abbandonarsi alla mercé di Alessandro. Il fatto che fosse sopra, impegnato a usare la forza delle cosce e del ventre per muoversi su di lui, era già incredibile di suo. “I corpi sono- ah- corpi, Ale. Ognuno è diverso, ognuno è bello. Tu sei bello come, c-come sei. Con le cicatrici, con i difetti. Ti amo così come sei perché sei la persona più importante per me. E la biancheria da donna è solo quello che è, è semplicemente una cosa carina messa su qualcosa di bellissimo. Ora p-posso smettere di p-parlare?” ansimò il ragazzo, premendosi contro di lui. Alessandro ridacchiò, incerto, e allungò istintivamente una mano per recuperare la benda. Se la rimise senza aspettare alcun commento da parte del marito — d’altra parte Daniele sapeva benissimo che odiava mostrare quel disastro almeno quanto non gli importava di esibire le altre cicatrici. Non aveva intenzione di procurarsi un occhio prostetico — Dio che orrore — e la palpebra incavata e solcata di cicatrici non era bella da vedere. Non la voleva vedere. Gli ricordava un fallimento che non era stato neanche eroico, non era un’avventura da raccontare o di cui vantarsi. “Sì, puoi smettere,” concesse. Piegò le gambe e puntò i piedi sul materasso per offrire maggiore supporto a Daniele, che invece si appoggiò indietro sulle braccia. Il leggero cambio di posizione sortì un effetto straordinario in Dani, che si lasciò sfuggire un gemito più forte. Alessandro ghignò. Funzionava ogni singola volta. Spense il cervello e si concentrò sul resto. Stava fottendo la creatura più bella del creato, in un posto magico e bellissimo. Il giorno dopo avrebbe visto castelli e verdi colline, mano nella mano con suo marito. Marito che in quel momento stava singhiozzando per la forza con cui i loro corpi impattavano con schiocchi sonori. Pelle contro pelle. Pizzo contro pelle. Il rossore sulle pelle bianca di Daniele, le sue leggere lentiggini, il sudore che li ricopriva come un velo. Nella testa di Alessandro tutto andò di nuovo al posto giusto, perché era nel posto giusto e con la persona giusta. La lingerie aveva perso di importanza. “Vorrei c-che potessi vederti come ti vedo io,” ansimò Daniele, dopo un guaito particolarmente potente in seguito a una spinta. “Mi p-piaci così tanto.” Il cuore di Alessandro quasi scoppiò per l’emozione. Probabilmente non sarebbe mai riuscito a levarsi di dosso quella sensazione strisciante di essere un fallimento, ma poteva essere quello che Daniele voleva. Così lo afferrò per i fianchi e lo ribaltò sulla schiena. Si godette l’espressione sconvolta del marito a quella dimostrazione di forza, ma se c’era qualcosa in cui era bravo era sembrare grande, grosso e intimidatorio. E piaceva a Daniele, se il guizzo eccitato del suo cazzo era un’indicazione. “Scopami,” gemette quel maledetto, con le labbra rosse per il bacio bruciante e devastate che si era chinato a strappargli. “Oh, Ale…” “Certo che ti scopo,” ghignò, chinandosi sopra di lui. Gli morse la giuntura tra il collo e la clavicola, lasciando il segno dei propri denti. Daniele gli piantò le unghie nella schiena, il giorno dopo avrebbe avuto un ricordino. “La prossima volta però questa roba te la metti tu.” Daniele trovò il tempo di sorridere tra una spinta e l’altra, mentre una mano era scesa a stringersi l’erezione tra le dita. “Tutto quello che vuoi.” Bastava davvero poco per rimettere l’universo in ordine. Gli universi. Tutte le realtà possibili e impossibili o anche solo vagamente immaginabili. In ognuna di quelle, ogni Alessandro Russo che aveva trovato il suo Daniele Baroni era il bastardo più fortunato di tutti. Alessandro si chinò a baciarlo con foga, portandolo oltre il limite con una spinta ben assestata. Daniele si inarcò tutto, stringendosi intorno a lui e Alessandro si lasciò andare a sua volta con un ultimo paio di spinte, prima di crollargli addosso ansimando. Daniele gli strisciò la punta fredda del naso contro la guancia. “Sei pesante, uomo.” Alessandro mugugnò un versaccio in risposta e si stese di lato quanto bastava per togliere il grosso del peso dal più esile marito, che si spalmò subito contro il suo torace, strofinando il viso come un gattino. “Poi non dire che non ti ho mostrato il Mostro di Loch Ness, eh,” borbottò Alessandro dopo un po’. “Sei un deficiente.” “Mi ami per questo, no? Mi hai pure sposato. Due volte.” Daniele rise contro la sua pelle, stanco ma divertito. “Posso anche tornare dal fabbro e fargli cancellare il rito, eh.” Alessandro gli cinse il corpo con le braccia forti, schiacciandolo contro di sé e assicurandosi che non potesse muoversi con una grossa mano su ognuna delle sue natiche. “Non ci penso proprio. Domani abbiamo la visita ai castelli. Ci portano a Glamis, lo sai che a Glamis pare ci sia il fantasma di uno che ha fatto un patto col diavolo ed è ancora lì a giocare a carte con lui? E poi c’è anche Tantallon Castle e la torre di Braveheart e…” “Qualcuno ha fatto i compiti, eh?” rispose Daniele compiaciuto. Alessandro gli baciò la fronte, poi le mani. “Non so l’inglese ma gugol lo so usare, eh.” “Ma bravo il mio pirata. Ora baciami e poi portami a fare un bagno caldo. Domani ci sarà parecchio da camminare.” Alessandro si affrettò a obbedire e ne approfittò per scalciare via la lingerie che tanto lo aveva messo a disagio. Era sicuro che sarebbe stata molto meglio su Daniele e non aveva fretta di ripetere l’esperimento, ma il modo in cui suo marito l’aveva guardato aveva scaldato parti del suo cuore che non sapeva neanche di avere. A prescindere da tutto, era bello sentirsi amati e apprezzati, soprattutto da qualcuno che aveva giurato di passare tutta la vita insieme con lui. Alessandro sorrise, baciò i capelli sudati di Daniele e tirò un sospiro. Non vedeva l’ora di proseguire la loro vacanza scozzese. Insieme. FINE
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December 2023
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