"Passione pirata" è un racconto NSFW (erotico) breve e gratuito scritto da Daniela Barisone per il p0rnfest 2019 e dedicato all'Agenzia. Da che era un fiulet, Daniele aveva sempre avuto una passione spasmodica per i pirati. Non sapeva esattamente cosa gli piaceva di loro: forse l’aria scanzonata e i modi esagerati, il loro essere anarchici, la benda sull’occhio… non ne era certo, ma da quando aveva visto “Pirati dei Caraibi” da bambino e aveva detto a suo padre di voler essere lui la fanciulla da salvare, aveva sviluppato una certa propensione per il genere. Film o libri, narrativa o non fiction, andava bene tutto. Da Capitan Harlock al Pianeta del Tesoro, per passare a Black Sails a Master and Commander o ad Assassin’s Creed Blackflag. Se c’era una nave, c’era un pirata e lui sapeva tutto sull’argomento.
Per cui era stato facile farsi attirare dalla stramaledetta benda sull’occhio di Alessandro. All’inizio aveva provato a resistere, sul serio. Lo prendeva in giro, lo chiamava “Capitan Harlock dei poveri”, ma la realtà era che quel maledetto bastardo riusciva a essere sexy come il peccato anche senza un occhio. La benda però Ale non se l’era mai tolta davanti a lui, non volontariamente e andava bene così. Non che lo avesse mai visto senza, dopotutto. Quando dormivano insieme, il continuo rigirarsi la faceva spostare e più di una volta Daniele era rimasto nella penombra a fissare quell’orbita nera e vuota della quale l’altro voleva impedirgli la vista. Era brutta? Certo, era orribile. Non servivano due occhi sani per capirlo. Gli faceva amare di meno Alessandro? Proprio no. Era parte di lui, come le sue spalle larghe, la pancetta accennata e il sorriso da stronzo patentato. Gli dava un’aria piratesca e insomma, a lui i pirati facevano un certo effetto. Soprattutto quando quel maledetto usciva dalla doccia del loro appartamento, con solo l’asciugamano legato alla vita e i capelli bagnati che gli ricadevano davanti alla fronte. Daniele trattenne il fiato a quella vista. Un anno che stavano insieme e aveva le scalmane come il primo giorno. Alessandro Russo era grande, grosso, solido. Tutta la parte sinistra superiore del suo corpo era segnato dall’incontro con la Cassetta della Posta che gli aveva strappato l’occhio, ma con i capelli bagnati, la benda nera a coprire l’occhio e la cicatrice che c’era sotto, a Daniele ricordava un pirata reduce da qualche battaglia. E lui era debole, debolissimo. “Che hai da guardare?” gli chiese Russo, avvicinandosi al divano e lasciandovisi cadere sopra con un tonfo. Era ancora leggermente umido e profumava di bagnoschiuma al limone, il suo preferito. “Ti, sembra che ta mai vist biotto.” Ale non parlava spesso in dialetto quando erano insieme, ma quando era stanco dopo il lavoro capitava che qualcosa gli scappasse e lo faceva sorridere. “Per mia fortuna invece ti ho visto nudo un sacco di volte.” L’altro inclinò la testa di lato e si leccò le labbra, un accenno di sorriso a curvargli le labbra. “Dime, a cosa pensi?” “Pensavo di guardare Black Sails a cena. Che ne dici?” “Dico che è la terza volta che lo guardiamo, per cui no. Stasera guardiamo qualsiasi altra cosa che non siano pirati” gli rispose Alessandro, sempre con lo stesso lento sorriso. Lo stava facendo apposta. “Questa tua passione ti sta sfuggendo di mano.” “Dici?” Daniele non voleva lasciare il suo bozzolo di coperte di pile in cui si era avvolto nel momento in cui si era infilato il pigiama, ma le tirò di lato e scivolò in ginocchio tra le gambe forti e solide del compagno. Cercò il lembo che gli teneva su l’asciugamano e lo fece scivolare via, scoprendolo. “Eppure ne sto per sposare uno.” Alessandro socchiuse l’occhio sano e gli passò le dita tra i capelli neri, mentre il suo cazzo iniziava a dimostrare un certo interesse nella questione. “Cos’è, vuoi che ti dica yarrrrhh sull’altare?” “Nah. Mi basta la mia fantasia, se è per quello. Ormai ti ho immaginato in ogni situazione.” Senza perdere tempo, Daniele gli prese l’erezione tra le mani e ne leccò la punta. Scrutava Alessandro da sotto le ciglia e aveva imparato a riconoscere il desiderio puro e semplice che lo animava quando stavano insieme. Ale non aveva che fantasie vanilla, ma la sua passione era bruciante e persistente. Gli dava tutto quello che aveva e nemmeno l’abitudine poteva molto di fronte a un uomo di cento chili per un metro e novanta armato di cattive intenzioni e del desiderio di fotterti fino a non farti più camminare. Quella passione cruda per Daniele era linfa vitale e, nella sua testa, un ulteriore tassello nella sua passione piratesca. A seconda del momento Alessandro poteva essere qualsiasi cosa nella sua mente: il feroce capitano di una nave che gli faceva conoscere sensazioni mai provate. Il pirata buono che lo faceva impazzire di carezze. Qualsiasi cosa, non importava, la sua fantasia galoppava e in quel momento, con il cazzo di Ale dritto in gola e le sue dita che lo forzavano giù erano sufficienti per scatenargli qualche idea a tema marinaresco. Non perdeva contatto con la realtà, ma gli piaceva. Era innocente, era divertente, era sexy da morire e non c’era nulla che gli piacesse di più che avere Ale protagonista dei suoi film mentali. “Sto venendo, cazzocazzocazzo…” Alessandro fece per scostarlo, ma Daniele rimase ben saldo lì, in ginocchio, con la punta dell’uccello dell’altro in fondo alla gola a prendere tutto quello che riusciva. Perché la scarica elettrica che attraversava il corpo di Ale nell’orgasmo era qualcosa che amava tantissimo, più dei suoi amati pirati. Ale si riprese quel tanto da tirarselo su di peso sulle ginocchia, tirargli giù i calzoni del pigiama di Batman che indossava e masturbarlo con una forza, una ferocia che Daniele adorava. Gli piaceva essere più piccolo, più maneggevole e maellabile nelle braccia del compagno. Adorava essere stretto nell’abbraccio forte e sicuro di Ale, uno di quello che non lo avrebbe mai lasciato andare per tutto l’oro del mondo. L’abbraccio di chi aveva letteralmente attraversato un Mondo o due per amore. “Yarrrhhhh” gli ridacchiò all’orecchio Ale dopo che Daniele raggiunse il piacere e si accasciò in un accrocchio di membra scoordinate di braccia e gambe, troppo stanco per fare altro se non abbioccarsi lì, sul corpo del compagno. “Mi hai fatto sudare di nuovo, mi devo lavare ancora adesso.” Daniele si stiracchiò come un gatto e si allungò quel tanto da baciargli la guancia, appena sotto la benda. “Come se ti dispiacesse. Forza, Capitan Harlock dei poveri. Andiamo a sistemarci e fare una cena decente, che muoio di fame.” “Ah, non ero abbastanza come cena?” lo prese in giro il compagno e Daniele emise un gemito. Beh, se l’era meritata. FINE
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"Ma non era ora di cena?" è un racconto NSFW (erotico) breve e gratuito scritto da Daniela Barisone. Daniele controllò l’orologio che aveva un polso, un vecchio Casio di suo padre, per l’ennesima volta da quando erano tornati a casa. Quella sera toccava a lui preparare la cena, mentre Alessandro si prendeva il suo bel tempo a farsi una lunga doccia calda.
Solo che ci stava mettendo una vita. “Ma non era ora di cena?” borbottò, mentre scolava la pasta e la ributtava nella padella piena di sugo. Roba Star già pronta con della salsiccia, nessuno dei due sarebbe sopravvissuto in natura grazie alle proprie abilità culinarie. Era già un miracolo che sapessero farsi la pasta. Guardò di nuovo l’orologio. Le otto. Con uno sbuffo spense il fuoco sotto la pentola e ci mise il coperchio sopra affinché rimanesse calda. Inutile impiattare, chissà quanto tempo ci avrebbe messo quell’altro. Si sbottonò la camicia e se la sfilò rimanendo in maglietta, appendendola con cura quasi maniacale alla sedia. L’avrebbe appesa in seguito, dopo cena, se solo Alessandro si fosse deciso di degnarlo della sua presenza. Fece per voltarsi e andare a bussargli alla porta del bagno, quando andrò a scontrarsi contro il torace molto ampio e molto nudo del marito. “Vai da qualche parte?” gli domandò Alessandro, con un sorriso lento e malizioso che non mancava mai di eccitarlo. Daniele fece un passo indietro e lo osservò. Suo marito era nudo, tranne che per l’asciugamano legato in vita e anche quello non faceva molto per nascondere quanto fosse ‘spesso e volentieri’. Aveva l’immancabile benda sull’occhio, mentre il ciuffo dei capelli castani gli ricadeva morbido sulla fronte. Ale aveva un po’ di pancetta, che era diminuita sensibilmente dopo aver smesso di mangiare pasta mezzogiorno e sera, quindi il telo gli cingeva i fianchi e tendeva pericolosamente verso il basso, mostrando per bene la V dell’inguine e tagliando la visuale sul più bello. Cazzo. Letteralmente. Deglutì, all’improvviso con la lingua secca. “Stavo venendo a chiamarti. Dobbiamo mangiare.” “Ti piace quello che vedi?” Alessandro ridacchiò, facendo un paio di passi avanti e Daniele si ritrovò a indietreggiare di fronte alla sua imponenza. Quando la sua fuga fu bloccata dal tavolo della cucina, Ale sogghignava. Lo bloccò fra sé e il tavolo dal lato non apparecchiato con le mani sul ripiano e odorava del loro bagnoschiuma al latte e miele. “Perché se ti piace vorrei che mi baciassi.” “Solo baciarti?” Daniele gli accarezzò il petto e si sporse per essere baciato. Cristo, non si sarebbe mai stufato di quello. Baciare Alessandro era un’esperienza totalizzante che gli consumava tutti i sensi. La cena venne ben presto cacciata fuori dalla testa di Daniele nel giro di un istante. Con le mani scese sullo stomaco dell’altro e slacciò l’asciugamano, che scivolò a terra con un fruscio. Poco male. Subito strinse le dita intorno al suo cazzo e, senza sorpresa alcuna, lo trovò già eretto. “Hai una pistola in tasca o sei solo contento di vedermi?” Alessandro trattenne a stento un grugnito di piacere quando Daniele prese ad accarezzarlo. “Sono sempre felice di vederti. La tua sola esistenza me lo fa venire duro.” “Sei sempre così romantico, un vero pirata.” “Preferisci che ti sussurri paroline dolci all’orecchio?” Ale gli sussurrò quella domanda dritta all’orecchio, scatenandogli un brivido di piacere. “O preferisci il caro, vecchio Piratissimo che ti strappa i vestiti di dosso e ti scopa contro questo tavolo?” La testa di Daniele girava per l’eccitazione. Una minuscola remora si fece strada dentro di lui, destinata a morire in breve tempo. “Ma la cena…” “La riscaldiamo” gli rispose l’altro, mettendolo a tacere con l’ennesimo bacio. Si baciarono ancora, disperati. Sembravano non riuscire ad averne abbastanza l’uno dell’altro e Daniele era certo che fosse così, almeno per lui. Tutto di Alessandro Russo premeva i tasti giusti della sua anima. Dalle leggere lentiggini che aveva sul naso e sulle spalle, dalla benda al fisico massiccio, persino la pancetta, tutto di lui lo faceva impazzire di piacere. Per non parlare della sua personalità, la sua cosa preferita in assoluta. Caro, dolce millennial. “Aspetta, aspetta” lo interruppe, scostandosi per prendere fiato. “Non abbiamo il lubrificante!” Alessandro lo fissò con il suo unico occhio sano e bastò quello per far sì che il suo cazzo iniziasse a premere contro la zip dei calzoni. “Ti do un minuto per andare a prenderlo e toglierti i vestiti di dosso. Poi non importa dove tu sia, io ti strapperò gli abiti e mi prenderò quello che voglio.” Dio. Santo. Veloce come un razzo, sgusciò sotto il marito e corse in camera, levandosi la maglietta in corsa. Ovviamente Alessandro non gli avrebbe mai fatto nulla di male, ma la fantasia di essere alla sua mercé era una delle cose che preferiva in assoluto del suo adorato pirata. Scalciò via i pantaloni e i boxer e scavò nel comodino alla ricerca del tubetto nuovo di lubrificante. Il maledetto non si trovava da nessuna parte. “Tic toc” lo riprese la voce profonda di suo marito dalla cucina. “Il tempo sta scadendo.” Daniele grugnì una bestemmia e svuotò direttamente il cassetto sul letto, finché il flacone non rimbalzò sul materasso. Lo afferrò al volo e si precipitò in cucina, nudo come il giorno che era stato messo al mondo. Due grosse mani lo afferrarono non appena rientrò nella stanza e Daniele si ritrovò piegato sul tavolo, con Alessandro che incombeva su di lui, strusciandogli l’uccello tra le natiche. Gli prese il lubrificante dalle mani e gli baciò una spalla. “Cazzo, quanto sei bello.” “Lo so, ora vedi di darti una mossa o era tutta scena?” Una sonora sculacciata lo fece sobbalzare per la sorpresa e Ale gli ghignò di nuovo all’orecchio. “Modesto, mi piace. Ora apri queste belle gambe, che è tutto il giorno che aspetto questo momento.” Daniele si inarcò tutto. Si strusciò con il culo contro l’inguine dell’altro, apprezzando la sua virilità contro la pelle e sospirò felice. “Sei un ninfomane, Russo. Sei fortunato che mi piaci.” “Davvero” rispose l’altro, ritraendosi e mettendosi in ginocchio dietro di lui. “Adesso reggiti forte.” “Ma cosa…” La prima leccata gli scatenò una scarica elettrica lungo la spina dorsale e lo costrinse a non artigliare fisicamente la tovaglia o avrebbe trascinato a terra piatti e bicchieri. Alessandro gli aveva aperto le natiche con i pollici e si stava prendendo il suo bel tempo a infilargli la lingua nel culo, decidendo che era un buon momento per farlo morire. La sensazione era… era fenomenale. Era troppo, ma allo stesso tempo non era abbastanza, voleva solo afferrarsi le natiche e aprirsi per ricevere quello che voleva. Cristo, la fame di cazzo che gli faceva venire quell’uomo. “Scopami” ansimò, distrutto, dopo qualche minuto di quel trattamento. “Scopami o non rispondo di me.” Alessandro ridacchiò, succhiando per bene la sua apertura prima di staccarsi da lui e passarsi una manata sulla bocca per asciugarsi dalla saliva. “Non rispondi di te, mh? Non preoccuparti, dolcezza. Ho qui tutto quello che ti serve.” “Cazzoooo…” Lo stava preparando con il lubrificante e da lì a un attimo sarebbe stato dentro di lui. Glielo avrebbe spinto dentro e finalmente Daniele avrebbe avuto quello stupendo uomo dentro di sé. “Non hai presto il preservativo.” “Non me ne frega un cazzo” ansimò, girandosi quel tanto dal gettargli un’occhiata sopra la spalla. “Voglio che mi vieni dentro.” Alessandro si afferrò la base della propria erezione e strinse con forza, chiudendo gli occhi. Anzi, l’occhio. “Non puoi dirmi cose del genere così. Stavo per venire subito.” Consapevole dell’effetto che faceva all’altro, allargò meglio le gambe e inarcò il sedere. “Dai, per favore…” Suo marito non lo fece aspettare. Era sbrigativo, ma non disattento. Era comunque ben attento a non causargli dolore e fastidio, pochi attimi più tardi glielo spinse dentro completamente. Non gli diede tempo di adattarsi. Ale lo afferrò per i fianchi e prese a scoparlo con decisione, al punto che il tavolo grattava sul pavimento per la forza delle spinte. Daniele pregò che i piatti non cadessero a terra, poi chiuse il cervello a tutto quello che non fosse il grosso uccello di suo marito dentro di sé e i suoi baci sulle spalle misti a grugniti. Adorava farsi scopare da quell’uomo, adorava il suo odore, adorava ogni suono che emetteva, adorava la forza e l’impegno che ci metteva per farlo godere. “Ancora, ancora…” “Ti do tutto quello che vuoi” sogghignò ancora il suo pirata preferito. “Sei così carino e dolce, poi basta che mi cali i pantaloni e guarda cosa diventi. Ti piace?” Daniele non stava già più connettendo e si limitò ad annuire, perso nel proprio piacere. Fu risvegliato bruscamente dalla mano di Alessandro che gli afferrava i capelli e lo tirava un po’ all’indietro. “Ti ho fatto una domanda. Rispondi.” “S-sì” piagnucolò, disperato perché la sua erezione era del tutto ignorata e il tavolo era troppo freddo contro la sua pelle incandescente. “Mi piace tantissimo!” Una risatina divertita accompagnò la mano di Alessandro tra le sue cosce e dopo non ci fu più tempo per parlare o pensare. C’erano solo lui e il piacere assurdo che il suo uomo gli stava dando. Lo voleva, lo bramava. L’orgasmo lo colse quasi all’improvviso e sarebbe caduto a terra, se non fosse già spalmato sul tavolo con il culo all’aria. Era totalizzante, estremo e cazzo, ogni volta era meglio della precedente. Le spinte di Alessandro a quel punto divennero erratiche e raddoppiarono di intensità, fino che non lo sentì ancora una, due, tre volte e venire dentro di lui, accasciandosi contro la sua schiena. “Cristo… io ci rimango secco con te un giorno” lo sentì dire. Quando si sfilò da lui, Daniele provò emozioni contrastanti. Il non aver usato il preservativo da un lato gli faceva pensare a tutta la noia successiva del lavaggio, ma la verità era che la sensazione di essere pieno del seme di suo marito lo eccitava. Lo sentiva colare dal suo buco lungo le cosce ed era… era… Alessandro gemette, guardandolo dalla sua posizione privilegiata. “Se non fossi appena venuto, giuro che ti scoperei di nuovo. Non hai idea… tu non hai idea davvero di quello che sei in questo momento.” Daniele si sollevò sui gomiti una volta recuperata un po’ di energia per farlo e gli sorrise, stanco e contento. “Oh, ce l’ho. Adesso portami in doccia, che mi sento le gambe di gelatina.” “Ogni tuo desiderio è un ordine” rispose il suo piratissimo, tirandolo su e prendendolo in braccio come se non pesasse nulla. Il giorno dopo si sarebbe svegliato con il mal di schiena. Daniele mugugnò qualcosa contro il suo petto, prima di sollevare di scatto la testa. “Ma la cena?” Ale guardò l’orologio della cucina e sorrise, uscendo per andare al bagno. “Tranquillo, la pasta la mangio anche riscaldata. Avevo di meglio da mangiare.” “Sei un porco.” “Lo dici come se fosse un peccato.” “Mai” ghignò Daniele, stringendogli le braccia al collo e dandogli l’ennesimo, lungo bacio. FINE Picnic è un racconto scritto da Juls SK Vernet e Daniela Barisone su commissione (per commissionarci un racconto clicca qui). I protagonisti sono Jesse e Scott de "La Scommessa" delle stesse autrici e la storia si pone in canon dopo gli eventi del libro. PicnicJesse ridacchiò all’espressione sconvolta di Scott. “Che c’è che non va? Non ti piace l’idea di un picnic? Solo io e te, nel raggio di miglia?”
“Ma… la natura,” Scott arricciò il naso. “Gli insetti.” “Sì beh, esistono anche loro,” rispose, divertito. Erano fuori dalle stalle della sua casa in Iowa, molto lontani dalle comodità cittadine del loro appartamento a New York a cui Scott era abituato. “Sai cavalcare? Qualcosa oltre a me, ben inteso.” Scott, bontà sua, arrossì in maniera furiosa. Jesse lo trovò delizioso e incredibile allo stesso tempo, perché dopo tutto quello che avevano fatto insieme era ridicolo vedere uno come Scott Brennan arrossire come un quindicenne a una battuta sporca. “Ho fatto equitazione, ti ricordo chi è la mia famiglia,” rispose l’altro, piccato. Incrociò le braccia al petto e guardò i due cavalli con una certa ansia. Jesse si lasciò scappare un altro risolino. “Allora saprai che quelle scarpette da principessa che hai indosso non vanno bene per cavalcare.” Il giovane si guardò le Oxford di pelle nera che indossava come un guanto, decisamente fuori posto nel cortile fangoso delle stalle del ranch di Jesse. “Cos’hanno le mie scarpe che non vanno?” “Niente, niente. Vieni qui.” Jesse scosse la testa ed entrò all’interno. Una rastrelliera attaccata al muro teneva appesi scarponcini di tutte le misure in bella mostra, un’utile idea poiché a Jesse piaceva parlare di affari con i suoi investitori andando a cavallo. E tutti loro indossavano Oxford di pelle in varie gradazioni di colore, proprio come Scotty. Ne prese un paio e lo allungò al compagno. “Queste dovrebbero essere del tuo numero. Lì c’è una panca. Mentre ti cambi vado a sistemare i cavalli.” Scott borbottò qualcosa sulla falsariga di “Ma perché non potevamo andare in macchina”, ma Jesse lo ignorò con un sorriso, andando a controllare che le sacche appese alle selle contenessero tutto quello che serviva loro. Aveva organizzato quel picnic con cura maniacale, voleva che fosse perfetto e una vera avventura per Scott. Aveva predisposto tutto, dalla tela cerata alla coperta di morbido pile su cui sedersi, agli spuntini e le bevande, tutto ordinatamente appeso ai cavalli. Non sarebbe stato un viaggio lungo, meno di dieci minuti al massimo, ma voleva che fosse bello. Bello, bellissimo. Per il suo adorato Scott. Quest’ultimo uscì dalla stalla con il broncio, vestito a festa e con un paio di scarponcini marrone chiaro che facevano a pugni con tutto il resto. “Non posso… non posso salire a cavallo.” Jesse inclinò la testa di lato. “Perché? Hai paura? Se è per questo posso…” “No, no. Non è per questo, è per…” fece un cenno vago con la mano, infine sbuffò sconfitto. “Stamattina ho messo il… sai, il plug. Quello che mi hai regalato.” “Beh.” Jesse gli rivolse un sorriso che sarebbe stato bene a uno squalo. “Vorrà dire che sarà una cavalcata molto interessante.” Scott arricciò il naso e gli fece una linguaccia. “Se sapevo che dovevamo andare fuori a cavallo magari evitavo,” borbottò il ragazzo, poi montò in sella con una certa scioltezza. Jesse non avrebbe saputo dire che indossava un plug — e se ricordava bene quello che gli aveva regalato non era proprio una taglia da principianti — se non per il fatto che lo vide fare una smorfia mentre si sistemava in sella e forse sedersi un po’ più in avanti di quanto fosse necessario. Ma lo sapeva soltanto perché lo conosceva nei minimi dettagli. Si avviarono lungo il breve tragitto al piccolo trotto. C’era qualche ostacolo da saltare ma Scott se la cavò egregiamente. Certo sembrava più abituato alle gare di dressage che a correre libero per le campagne, ma Jesse considerò che era un’altra cosa che avrebbero potuto fare insieme, un’altra cosa che avrebbe potuto insegnargli. Da quando stavano insieme Scott — che pure si divertiva un mondo a fare ancora la parte del moccioso viziato quando erano assieme — era cresciuto ed era fiorito oltre ogni rosea aspettativa. Il ragazzetto malizioso che l’aveva sedotto alla festa di Kayla Sutherland non era sparito nel nulla ma si era trasformato in un uomo giovane, bellissimo e pieno di capacità da sfruttare per il proprio futuro. Scott aveva ripreso a studiare, bruciando le tappe per recuperare il tempo perso e aveva cambiato il proprio corso di studi per selezionare qualcosa di più attinente ai suoi nuovi interessi in campo aziendale. Era sveglio, preparato e spesso parlava di cose che Jesse neanche sapeva come si scrivessero, ma per quello c’erano i suoi dipendenti, no? Finalmente sbucarono in un angolo verde tra un immenso campo di granturco sul retro del ranch di Jesse e uno stretto ruscello che divideva la zona coltivata da un appezzamento lasciato al naturale. In quella zona iniziavano delle basse collinette coperte da folta vegetazione e qualche arbusto più alto. “Wow,” disse il figlio della città, guardandosi intorno con grandi occhi azzurri pieni di sorpresa. “Sì beh,” rise Jesse, divertito. “Tutta un’altra cosa rispetto a Central Park, eh?” Scott scrollò le spalle e smontò da cavallo, lasciando la bestia libera di pascolare. Jesse lo vide passarsi le mani sulle chiappe indolenzite e smontò a sua volta, ridacchiando. Lo afferrò per la vita, da dietro, e se lo tirò addosso. Scott sbuffò e finse di dibattersi, per poi spalmarsi con un sospiro beato contro il petto ampio di Jesse. “Ora mi butti su una spalla e mi porti nella tua caverna?” disse l’impunito, sbattendo quelle lunghe ciglia nere sugli occhioni celesti. Jesse gli baciò la guancia. “Forse, ma dovrai avere pazienza.” Scott abbozzò un tenero broncetto rosa, che Jesse si affrettò a baciare. Era tutta scena, ma era divertentissimo. Insieme tolsero l’occorrente per il picnic dalle selle e lo sistemarono a terra. Stesero prima il telo cerato, poi la coperta di pile. Mise le sacche con il cibo e le bevande a terra, ma prima che Jesse potesse anche solo pensare di aprirle, Scott si era levato la maglia a maniche lunghe ed era rimasto a torso nudo. “Ma…” Scott lo fulminò con lo sguardo. “Possiamo mangiare dopo.” “Ma…” ritentò di nuovo Jesse, ma fu distratto dall’agile mossa con cui il ragazzo si tolse gli stivaletti, i jeans e le calze. Era rimasto solo con indosso un delizioso paio di mutandine da donna bordeaux che glielo fecero venire duro in un istante. Scott camminò fino al bordo della coperta e lo fissò con il fuoco negli occhi. “Mi hai fatto cavalcare con un cazzo di plug nel culo e ora pretendi che non sia tutto sottosopra?” Jesse lo afferrò per la vita e lo prese in braccio, godendo del modo in cui Scotty gli cinse i fianchi con le gambe sottili e il collo. Il bacio fu furioso e nessuno dei due avvertì la necessità di prolungare oltre quel momento. Da quando aveva potuto essere dentro di lui per la prima volta, Jesse non ne aveva mai abbastanza. “Sdraiati,” gli ordinò, staccandosi da quella bocca vorace. “Fammi prendere il lubrificante e il preservativo.” Scott si imbronciò, facendo però quello che gli era stato chiesto. “Perché il preservativo? Non lo usiamo quasi mai.” Ridacchiò, mentre prendeva il necessario e si slacciava i calzoni nel mentre. “Lo sai, tesoro. Se non siamo in casa il preservativo ci va sempre.” “Ma puoi rimettermi il plug, no?” lo tentò quel piccolo demone, spalancando le gambe e spostando l’elastico delle mutandine quel tanto da mostrargli la base del plug gioiello che gli aveva regalato. “Non è la prima volta che mi vieni dentro e poi me lo fai tenere così.” Jesse, a sua discolpa, era solo un uomo. E non era venuto lì e subito solo perché aveva abbastanza autocontrollo sulle sue parti basse, ma non ancora per molto a essere onesti. “Sei un demonio.” Per tutta risposta, Scott gli scoccò un bacio e si mise a carponi, culo in aria e tenendo l’elastico degli slip con le dita. “Sì, e non mi pare ti dispiaccia. Vedrai, Jessie. Non dovrai nemmeno preoccuparti di far raffreddare il cibo che hai portato.” “Ah no?” mormorò, inginocchiandosi dietro a quel culo perfetto con solo i jeans slacciati e il cazzo di fuori. “Come mai?” “Perché lo voglio duro e veloce.” Jesse era una persona semplice. Un tempo Kayla gli diceva che aveva solo due neuroni entrambi deputati al funzionamento del suo cazzo. Il resto del suo corpo doveva arrangiarsi per i fatti suoi. Beh, non poteva darle torto. La sola vista di Scotty in quella posizione, le parole luride che gli uscivano dalla bocca lo fecero passare da uomo arrapato a cavernicolo in due secondi netti. Affondò le dita nelle cosce bianche di Scott e si premette contro di lui. Quella sola pressione era abbastanza a spingere il plug, muoverlo dentro di lui. Ah, era soltanto l’inizio. Aveva detto duro e veloce? L’avrebbe avuto duro e veloce. “Muoviti,” lo provocò quel demonio, premendosi contro di lui. Jesse ringhiò forte e gutturale e si affrettò a prendere un po’ di lubrificante, facendolo colare direttamente dalla boccetta in mezzo alle sue natiche e sul plug. Scott venne scosso tutto da un lungo brivido e si premette ancora indietro. “Sai cosa significa ‘duro e veloce’? Significa che mi levi questo plug e mi fotti fino alle lacrime. Vuoi un disegnino?” Jesse gli schiaffeggiò una natica prima che Scott potesse finire la frase. Lo schiocco risuonò con forza e riuscì a zittire il ragazzo per un istante. Poi Jesse colpì anche l’altra natica, stampandovi un grazioso segno rosa e Scott aprì la bocca e iniziò a gemere e mormorare. “Molto meglio così,” ringhiò Jesse, prima di afferrare la base del plug e girarla, muoverla in un modo che sapeva essere irresistibile. Scott si tese tutto, premendosi contro di lui e mormorando parole sconnesse. Quando finalmente Jesse tirò via il plug sembrava quasi che il ragazzo fosse già pronto a venire. “Nossignore, non ti ho dato il permesso.” Jesse afferrò la sua erezione e la strinse alla base, mentre gli cacciava dentro due dita dell’altra mano per assicurarsi che fosse ben allargato. Lo era. “Jessie…” Scott era un bellissimo disastro: rosso in faccia e sul petto, spettinato e beh, a novanta su una coperta da campeggio e pronto per lui. Jesse non attese oltre. Lo penetrò con facilità grazie al plug, gli strinse la vita con un braccio e iniziò a muoversi. Proprio come voleva Scott: spinte veloci e secche che non gli davano requie e lo spostavano un po’ da terra con ogni bordata. “Cristo santo, è tutto quello che sai fare?” lo provocò Scott, ma dal fiato corto e gli occhi appannati, Jesse dedusse che era tutta scena. Però era troppo infoiato per utilizzare raffinate tattiche di seduzione, così si limitò ad aumentare il ritmo finché il suo adorato non si ritrovò con la faccia nella coperta e il culo martellato. “Occhio a quello che chiedi, Scotty” ansimò. Jesse si sentiva potente in quella posizione, adorava averlo alla sua mercé, godeva nel sapere che quel piccolo culo bianco e stretto era suo e di nessun altro. “Se non fai il bravo… potresti ottenerlo.” In tutta risposta, Scott scoppiò in una risata rauca. Alzò appena la testa per mostrargli un sorriso lento e pericoloso, pieno di voglia. “Non sono un bravo ragazzo, daddy. Dovresti ormai saperlo che sono una troia.” Jesse voleva morire. E risorgere. E magari anche ascendere ai cieli. Quel moccioso irriverente e sboccato era perfetto per lui, da ogni porcata che pronunciava al modo in cui non si vergognava di chiedere quello che voleva. E da quando quello che voleva era farsi scopare quel culo che per un anno intero gli aveva negato… beh, chi era Jesse per dire di no? “Ti amo, sai?” ringhiò, aumentando il ritmo delle spinte e ignorando le mutandine ormai totalmente inzuppate. Non gliele aveva nemmeno levate, perché gli piaceva prenderlo quando le aveva ancora indosso. Era lurido e sexy, nel modo in cui piaceva a entrambi e cazzo, era innamorato pazzo. Scott si spinse all’indietro per andargli incontro. “Ti amo anche io. Sto venendo…” Jesse mise una mano davanti al corpo dell’altro e gli bastò masturbarlo giusto un paio di volte, prima di vederlo tendersi ed emettere il gemito più sexy che avesse mai sentito. Il modo in cui il culo di Scott gli stritolò l’uccello in una morsa feroce lo portò oltre il limite nel giro di pochissimo, facendolo affondare fino a riempirlo del proprio seme. Cazzo, era fantastico. Scott crollò sotto di lui con la faccia premuta nella coperta e un’espressione di pura estasi. Jesse rotolò di fianco per non schiacciarlo sotto il proprio peso ma lo attirò a sé e lo fece voltare per riempirgli la faccia di baci. Ci mancava tanto così che Scott facesse le fusa come un tenero gattino tanto era rilassato e felice tra le sue braccia. Jesse gli passò le mani nei riccioli neri tutti spettinati, gli accarezzò le guance e gli baciò le mani, un bacio su ogni nocca. Scott ridacchiò e riaprì gli occhi a mezz’asta, terribilmente azzurri sotto le ciglia nere. “Mi sa che mi è venuta fame,” disse il ragazzo. Un secondo dopo un profondo brontolio venne dalla sua pancia piatta e bianca. “Beh, sei tu che hai voluto il dolce prima di mangiare,” rispose Jesse. Avvolse Scott nella coperta e si rassegnò a stendere la tovaglia direttamente sul telo impermeabile che aveva messo a terra. Scott scrollò le spalle, impunito. “Cavalcare fa venire fame, Jessie.” FINE |
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December 2023
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